Tiroide gravidanza
Prof Francesco Lippi
Direttore del Centro delle Malattie della Tiroid
Scuola di Endocrinologia, Università di Pisa
La gravidanza rappresenta un periodo cruciale per la donna ed è un periodo importate per la vita del nascituro.
La gravidanza inoltre ha un profondo impatto sulla ghiandola tiroide e sulla su funzione. Questa piccolo ghiandola aumenta di volume di circa il 10-20% durante la gravidanza nelle aree non a carenza iodica e fino al 40-50% nelle aree a carenza di iodio.
La maggiore frequenza delle malattie tiroidee nel sesso femminile ed in particolare l’aumento delle tireopatie autoimmuni, suggerisce un elevato controllo della condizione ormonale sia prima della possibile gravidanza che nel corso della gravidanza e nel post partum.
Il medico di famiglia, come richiede un prelievo per esami generali, altresì dovrebbe sempre aggiungere un dosaggio del TSH prima della gravidanza. In questo modo si potrebbero evitare possibili aborti spontanei dovuti sia ad una condizione di ipotiroidismo che di ipertiroidismo.
La causa più frequente di ipotiroidismo è la forma autoimmune rappresentata dalla tiroidite cronica linfocitaria di Hashimoto senza considerare le donne che iniziano una gravidanza già in condizione di ipotiroidismo (inotropismo da tiroidite di Hashimoto oppure dopo terapia radiometabolica per Morbo di Basedow o dopo tiroidectomia per gozzo o per tumore della tiroide).
In caso di tiroidite autoimmune, essendo la familiarità e la ereditarietà la principale causa della malattia, almeno le figlie di pazienti con patologie autoimmuni, dovrebbero eseguire un prelievo ormonale per conoscere lo stato funzionale della propria ghiandola prima di affrontare una gravidanza.
In caso di presenza di un valore del TSH circolante superiore a 2.5 mU/L si consiglia di eseguire anche un dosaggio degli anticorpi antitiroidei (AbTg e AbTPO, Ab antirecettore del TSH o TRAb). Evidenziata e pubblicata l’incremento di poliabortività nelle donne con tiroidite cronica linfocitaria autoimmune , in caso di un valore di TSH circolante compreso fra 2.5 e 4 mU/L, si suggerisce di iniziare la terapia con ormone tiroideo accompagnato, da una terapia antiossidante come il selenio e la vitaminaD3 come anti-infiammatoria e anticoagulanti. Questo protocollo permette di ridurre i casi aborto spontaneo nei primi mesi di gravidanza del 19%.
Nel casso di ipotiroidismo sia clinico che preclinico non riconosciuto prima della gravidanza, e quindi non trattato, le complicanze possono essere:
• ipertensione gravidica con o senza pre-eclampsia
• distacco placentare
• basso peso alla nascita
• nascita di feto morto
• malformazioni congenite
• emorragia post-partum.
Il passaggio transplacentare di tiroxina dalla madre al feto nella prima e nell’ultima fase della gestazione è modesto, ma molto importante per lo sviluppo cerebrale del feto. Se la madre è ipotiroidea in gravidanza, il sistema nervoso fetale può essere danneggiato dalla mancanza di tiroxina materna nelle prime settimane di gestazione, quando la tiroide del feto non ha ancora cominciato a funzionare, o, successivamente, se anche la tiroide del feto è ipofunzionante. Questa seconda evenienza si può verificare nelle gestanti esposte a grave carenza iodica che causa ipotiroidismo nella madre, nel feto e nel neonato. L’ipotiroidismo combinato materno, fetale e neonatale provoca un danno irreversibile dello sviluppo neurologico e intellettivo, che nella sua forma più grave configura il quadro clinico del cretinismo endemico.
L’ipotiroidismo materno determina alterazioni sullo sviluppo del sistema nervoso fetale. I dati degli anni 70, dimostravano un minor quoziente intellettivo nei figli di madri ipotiroidee non trattate in gravidanza rispetto a quelli di madri rese eutiroidee con la terapia sostitutiva. Studi ulteriori hanno ampiamente confermato che lo sviluppo psicomotorio e mentale è ritardato nei bambini nati da madri con valori di FT4 sotto il decimo percentile alla 12a settimana di gestazione. Risultati simili sono stati ottenuti da altri autori utilizzando come parametro per la misura dell’ipotiroidismo valori di TSH superiori al 99,7 percentile o un valore di TSH al 98-99,6 percentile con bassi valori di FT4.
Terapia dell’ipotiroidismo
Il farmaco di scelta per il trattamento sostitutivo dell’ipotiroidismo è la Levotiroxina sodica (L-T4), ormone chimicamente puro che assicura una potenza uniforme. La L-T4 deve essere assunta a digiuno 20 min prima della colazione. In presenza di vomito è comunque possibile assumere L-T4 anche dopo aver mangiato. La T4 è l’ormone più importante sul piano quantitativo secreto dalla tiroide ed esercita la sua azione previa conversione periferica in T3. La somministrazione di Tiroxina nella terapia dell’ipotiroidismo costituisce quindi una fonte continua di T3 per i tessuti e riproduce più fedelmente la situazione fisiologica in cui la maggior parte della T3 deriva dalla desiodazione periferica della T4. La L-T4 ha una emivita biologica abbastanza lunga (circa una settimana) che consente il mantenimento di un livello costante di ormoni tiroidei durante le 24 ore con una unica somministrazione giornaliera.
In assenza di controindicazioni cardiache è sempre consigliabile raggiungere lo stato di normale funzione tiroidea o eutiroidismo nel più breve tempo possibile per evitare le complicanze dell’ipotiroidismo sul decorso della gestazione e sul prodotto del concepimento. La dose sostitutiva di L-tiroxina è maggiore in gravidanza rispetto al periodo pre- e post-gravidico. L’adeguatezza del trattamento sostitutivo deve essere controllata frequentemente misurando i livelli di TSH e ormoni tiroidei liberi nel siero.
Nelle pazienti che sono già in terapia sostitutiva per un ipotiroidismo diagnosticato prima della gravidanza, la richiesta di tiroxina aumenta durante la gestazione. L’incremento della dose di tiroxina necessario a mantenere l’eutiroidismo è di solito maggiore nelle pazienti con ipotiroidismo post terapia ablativa per morbo di Basedow o carcinoma della tiroide rispetto a quelle con tiroidite autoimmune. In uno studio recente l’aumento medio della dose di L-T4 necessario per mantenere il TSH nella norma era del 45% (50 µg/die) nelle gravide con ipotiroidismo postablativo e del 25% (28 µg/die) in quelle con ipotiroidismo autoimmune. Questa differenza può essere spiegata con il permanere di una modesta riserva funzionale tiroidea in alcune pazienti con tiroidite autoimmune. In queste gestanti, la fisiologica immunosoppressione della gravidanza può favorire una modesta ripresa funzionale della tiroide e ridurre quindi la dose aggiuntiva di L-T4 necessaria per mantenere nella norma il TSH sierico. Sebbene nelle pazienti con tiroidite autoimmune siano state descritte remissioni transitorie dell’ipotiroidismo in gravidanza, i rischi di una ipofunzione tiroidea, anche subclinica, sono tali da non giustificare tentativi di sospensione della terapia sostitutiva con L-T4. L’aumentato fabbisogno di L-T4 può rendersi evidente già nelle prime 4 settimane dal concepimento. In tutte le ipotiroidee che entrano in gravidanza è quindi consigliabile misurare il TSH immediatamente dopo la prima mancanza mestruale. Se in questa fase precoce della gestazione il TSH sierico non è ancora aumentato, il dosaggio deve essere ripetuto ogni 40 giorni poiché la necessità di aumentare la dose può rendersi evidente anche in fasi più avanzate della gravidanza. L’incremento della dose di L-tiroxina varia da meno di 25 µg/die a più di 100 µg/die. Uno studio prospettico recente ha dimostrato un aumentato fabbisogno di L-T4 nell’85% della popolazione studiata. In questi soggetti l’incremento medio di L-T4 era del 47% e l’incremento della dose era necessario nella prime 16-20 settimane. La raccomandazione pratica che ne deriva è che tutte le donne ipotiroidee in trattamento con L-T4 dovrebbero aumentare la dose di L-T4 di circa il 30% al momento della conferma dell’inizio della gravidanza ancora prima di eseguire i dosaggi ormonali. Durante la gravidanza il TSH sierico deve essere attentamente monitorato e la dose di L-T4 deve essere aggiustata di conseguenza nella singola paziente.
Il solfato ferroso somministrato frequentemente in gravidanza per correggere la carenza di ferro, può ridurre l’assorbimento della L-tiroxina se i due farmaci sono assunti contemporaneamente. Nei periodi di terapia combinata è consigliabile assumere il solfato ferroso e la L-T4 ad un intervallo di due ore l’uno dall’altra.
In caso di tireotossicosi si intende il quadro clinico che deriva da un eccesso di ormoni tiroidei circolanti e dalla conseguente accelerazione dei processi metabolici dell’organismo. Quando la tireotossicosi è dovuta a iperfunzione tiroidea si definisce ipertiroidismo. Si conoscono varie forme cliniche di ipertiroidismo che si differenziano tra loro per aspetti eziopatogenetici e caratteristiche cliniche.
Le cause più comuni di ipertiroidismo sono:
• gozzo diffuso tossico (Morbo di Basedow) sicuramente più frequente
• gozzo multinodulare tossico
• adenoma tossico
• disfunzioni tiroidee provocate da un eccesso di gonadotropina corionica umana (hCG), come nei casi della mola idatiforme e del coriocarcinoma (molto rara).
Le manifestazioni cliniche che possono essere in comune fra la tireotossicosi e la gravidanza sono:
• cute calda e umida, intolleranza al caldo
• tachicardia
• aumento PA differenziale
• iperemesi
• astenia
• ansietà.
I dati anamnestici e le manifestazioni cliniche che possono far sospettare una tireotossicosi in gravidanza sono:
• storia familiare o personale positiva per tireopatie autoimmuni o rilievo anamnestico di un precedente ipertiroidismo
• presenza di sintomi specifici di ipertiroidismo: – perdita di peso – frequenza cardiaca superiore a 100 bpm – gozzo, soprattutto in aree a sufficiente apporto iodico – stanchezza muscolare prossimale
• manifestazioni tipiche del Morbo di Basedow: – oftalmopatia – mixedema pretibiale – onicolisi • accentuazione dei sintomi normali della gravidanza: – ipersudorazione – intolleranza al caldo – affaticabilità.
In pratica, tutte le pazienti con un ipertiroidismo clinicamente rilevante avranno un TSH sierico inferiore a 0,1 mU/L associato a valori di FT4 e di FT3 superiori alla norma. Nel gozzo multinodulare tossico e nell’adenoma tossico il quadro di ipertiroidismo può essere sostenuto da un aumento isolato della FT3 con valori di FT4 compresi nella norma (T3 tossicosi).
Le indagini da eseguire sono la palpazione clinica della regione del collo, la ecografia volumetrica con color doppler e la ricerca della autoimmunità:
• misura di anticorpi anti Tg, anti TPO, Anticorpi antirecettore del TSH (TRAb)
• ecografia della tiroide volumetrica con ecocolordoppler della tiroide
• ioduria (in caso di ipertiroidismo causato da un eccesso di iodio)
• Tg (solo in caso di ipertiroidismo da tiroidite subacuta o virale).
Il dosaggio dei TRAb ha una indicazione specifica in gravidanza perché il rilievo di questi anticorpi a titolo elevato può far sospettare la presenza di un ipertiroidismo fetale e far prevedere l’insorgenza della tireotossicosi neonatale.
Una tireotossicosi non trattata in gravidanza può provocare: a) complicanze materne
• ipertensione gravidica
• preeclampsia
• distacco di placenta
• aborto spontaneo
• parto prematuro
• scompenso cardiaco
• anemia
• crisi tireotossica (sebbene rara, può manifestarsi in gravide ipertiroidee non trattate al momento del parto)
b) complicanze fetali-neonatali
• basso peso alla nascita per l’età gestazionale
• prematurità
• morte neonatale
• nascita di un feto morto
• malformazioni congenite
• ipertiroidismo fetale e neonatale
Terapia dell’ipertiroidismo
Nelle forme più frequenti di ipertiroidismo (morbo di Basedow, gozzo multinodulare tossico e adenoma tossico) non è possibile una terapia eziologica.
In queste patologie la terapia dell’ipertiroidismo è diretta a ridurre il livello degli ormoni tiroidei circolanti e a bloccare i loro effetti sui tessuti periferici.
Prescindendo dalla gravidanza, esistono tre modalità terapeutiche per normalizzare i livelli degli ormoni tiroidei circolanti:
1. bloccare la loro sintesi e/o la loro dismissione con i farmaci antitiroidei
2. eliminare il tessuto iperfunzionante con lo iodio radioattivo
3. intervento chirurgico di tiroidectomia.
Il trattamento dell’ipertiroidismo in gravidanza pone alcuni problemi perché ogni scelta terapeutica deve tener conto della presenza del feto e del passaggio transplacentare dello iodio e dei farmaci impiegati nel trattamento della tireotossicosi. L’uso dello iodio radioattivo é assolutamente controindicato in gravidanza.
In gravidanza le scelte terapeutiche per l’ipertiroidismo sono limitate al trattamento farmacologico e all’intervento di tiroidectomia. Nella maggior parte delle gravide ipertiroidee l’iperfunzione ghiandolare viene controllata somministrando i farmaci antitiroidei che rappresentano la terapia di prima scelta. Il ricorso all’intervento chirurgico è limitato a casi eccezionali.
Farmaci antitiroidei
Le tionamidi (metimazolo, carbimazolo e propiltiouracile) bloccano la sintesi degli ormoni tiroidei, inibendo l’organificazione e l’incorporazione dello iuduro nei residui tirosinici della tireoglobulina e il successivo accoppiamento delle iodotirosine. Questa azione si esplica attraverso una inibizione completiva della perossidasi, l’enzima tiroideo responsabile della ossidazione dello ioduro.
Il propiltiouracile (PTU), oltre a bloccare la sintesi degli ormoni tiroidei, agisce anche sui tessuti periferici inibendo la conversione della T4 a T3, l’ormone metabolicamente attivo. Nonostante questa ulteriore azione periferica del PTU, nella maggior parte delle pazienti ipertiroidee il trattamento con metimazolo (MMI) porta ad una più rapida normalizzazione dei livelli degli ormoni tiroidei circolanti. L’efficacia del MMI nella terapia dell’ipertiroidismo è dovuta ad un maggiore accumulo e ad una più lunga emivita intra-tiroidea del farmaco. Il MMI e il PTU vengono quasi completamente assorbiti nel tratto gastrointestinale. L’emivita plasmatica del MMI è più lunga (6-8 ore) rispetto a quella del PTU (1-2 ore). Rispetto al PTU, il MMI è più lipo-solubile e non si lega alle proteine del siero. Nell’uso clinico è opportuno tenere presente che le tionamidi non bloccano il rilascio degli ormoni tiroidei preformati. Pertanto, il raggiungimento dell’eutiroidismo nelle pazienti ipertiroidee trattate con tionamidi richiede di solito dalle 2 alle 6 settimane. I fattori che influenzano la rapidità del controllo dell’ipertiroidismo sono i livelli iniziali degli ormoni tiroidei, l’attività della malattia e l’entità dei depositi ormonali intratiroidei.
Il 5% delle donne sottoposte a terapia con tionamidi presenta effetti collaterali quali:
• eruzioni cutanee (non necessariamente indicazione alla interruzione del farmaco)
• prurito (non necessariamente indicazione all’interruzione del farmaco)
• agranulocitosi (rara).
La granulocitopenia generalmente recede senza che sia necessario sospendere il farmaco.
La somministrazione di tionamidi in gravidanza risulta sicura per la funzionalità della tiroide fetale.
• Le tionamidi, a dosi appropriate, non interferiscono con la funzione tiroidea fetale. Pur in assenza di studi che abbiano comparato l’effetto del propiltiouracile (PTU) e del metimazolo (MMI) nella stessa paziente, la letteratura non dimostra sostanziali differenze in termini di soppressione della funzione tiroidea fetale tra i due farmaci.
• La terapia con tionamidi nel primo trimestre di gravidanza non ha effetti sul successivo sviluppo intellettivo. Altri effetti collaterali, tipici delle tionamidi nell’adulto (agranulocitosi, epatite, vasculite), non sono mai stati osservati in neonati esposti in utero a questi farmaci.
• Non esiste alcuna chiara evidenza che dimostri un effetto teratogeno delle tionamidi sul prodotto del concepimento. Al contrario, l’aumentata frequenza di malformazioni congenite nei neonati di donne ipertiroidee non trattate in gravidanza si riduce nettamente se la funzione tiroidea è normalizzata dalla terapia con tionamidi. I dati a favore di un rapporto causa-effetto tra somministrazione di metimazolo in gravidanza e comparsa di aplasia cutis o altre malformazioni nel neonato sono ancora controversi e non sono conclusivi.
Sono controindicati in gravidanza:
• ioduro inorganico (difficile calibrare la dose)
• perclorato di potassio.
Lo ioduro attraversa liberamente la placenta e a dosi elevate può bloccare per lungo tempo il funzionamento della tiroide del feto e del neonato che non presentano il fenomeno di scappamento tipico delle ghiandole adulte. Gozzo e ipotiroidismo fetale-neonatale sono le conseguenze di questo blocco prolungato della funzione tiroidea. In situazioni eccezionali, rappresentate dalla crisi tireotossica o dalla preparazione all’intervento di tiroidectomia, lo ioduro può essere somministrato a gravide ipertiroidee per non più di 5 giorni.
Tiroidite post-partum
La tiroidite post-partum (TPP) è una forma di tiroidite autoimmune senza dolore (painless thyroiditis), caratterizzata da una disfunzione tiroidea che compare entro 12 mesi dal parto. Essa può insorgere anche dopo un’interruzione spontanea o volontaria della gravidanza.
La prevalenza della TPP varia, in base ai criteri diagnostici utilizzati ed alle aree geografiche, tra l’1.1 e il 16.7% delle donne nel periodo post-partum, con una media dell’8.1%. La prevalenza di TPP è maggiore nelle pazienti con altre malattie autoimmuni.
La clinica della TPP è piuttosto variabile, potendo presentarsi come tireotossicosi isolata (32% dei casi), ipotiroidismo isolato (40% dei casi), oppure passare attraverso entrambe queste fasi, per poi ritornare all’eutiroidismo al termine del periodo post-partum (forma trifasica o classica, 22% dei casi).
Nella forma classica, la prima fase, caratterizzata dalla tireotossicosi, compare dopo 2-6 mesi dal parto e dura circa 1-3 mesi. Questa è sostenuta dal processo tiroiditico che induce il rilascio in circolo degli ormoni tiroidei. La seconda fase, caratterizzata da un ipotiroidismo, insorge dopo 4-8 mesi dal parto e può durare fino a 9 mesi, anche se è generalmente più breve.
Circa l’80% delle pazienti ritorna in eutiroidismo entro 12 mesi dal parto.
Il trattamento della tireotossicosi, quando necessario, si basa sulla severità dei sintomi quali il cardiopalmo, l’irritabilità ed il nervosismo. Vengono abitualmente utilizzati i beta-bloccanti.
L’uso delle tionamidi non è indicato, poiché la tireotossicosi è sostenuta da una tiroidite distruttiva che porta al rilascio dell’ormone preformato e non da un’iperfunzione ghiandolare. Il propranololo rappresenta il farmaco di prima scelta, poiché consente una facile titolazione. Il trattamento dura solitamente meno di 3 mesi e la posologia viene aggiustata in base ai livelli di ormoni tiroidei e ai sintomi (20-40 mg per 2-3 volte al giorno). L’uso del propranololo durante l’allattamento è generalmente accettato.
La fase ipotiroidea può non richiedere alcuna terapia, mentre viene trattata con L-T4 se l’ipotiroidismo è sintomatico e/o se le concentrazioni di TSH superano le 10 mUI/L. Il potenziale beneficio del trattamento dell’ipotiroidismo subclinico (TSH tra 4.0 e 10.0 mUI/L) include il miglioramento degli eventuali sintomi. La dose iniziale di L-T4 dipende dai livelli di TSH. I successivi aggiustamenti posologici vengono effettuati in base ai sintomi e ai livelli di TSH. Il trattamento va mantenuto se vi è il progetto di avere una nuova gravidanza, altrimenti può essere sospeso con gradualità entro l’anno dal parto.
Nelle pazienti in cui la sospensione ha avuto successo, il TSH va comunque dosato almeno 3volte all’anno per monitorare l’eventuale ricomparsa di ipotiroidismo.
È stato inoltre osservato che la somministrazione di selenio alla posologia di 100-200 µg/die in donne con anticorpi anti-tiroide durante la gravidanza e nel post-partum ha indotto una significativa riduzione della prevalenza della TPP rispetto ai controlli (28.6% versus 48.6%).
Domande
1) Prima della gravidanza tutte le donne dovrebbero fare uno screening? Si soprattutto nei figli di pazienti con tireopatie
2) Quali valori sono importanti? Il valore del TSH circolante e la presenza di Anticorpi antitiroide.
3) Esiste la probabilità di interruzione spontanea di gravidanza nelle donne con malattie autoimmuni? Si esiste la poli-abortività
4) Che rischi corre il feto e poi il bambino nel caso di ipotiroidismo non ben controllato? Aborto spontaneo oppure alla nascita malformazioni o QI ridotto
5) Che rischi corre il feto e poi il bambino nel caso di ipertiroidismo? La donna la pre-eclampsia, il feto la morte intrauterina, il neonato alterazioni cardiache o malformazioni.
6) Qual è e la cura per le pazienti con ipotiroidismo? la levo-tiroxina sodica
7) Qual è la cura per le pazienti in ipertiroidismo)? le tionamidi
8) Nella fase successiva al parto possono esserci rischi per la donna? Si
9) Nella TTP si può avere anche una ripresa delle normale funzione tiroidea? Si